Capacità polmonare e acidosiLa capacità polmonare è un altro di quei parametri importanti per valutare la capacità atletica di un corridore, anche perché capacità polmonare e acido lattico sono due discorsi strettamente legati. Vediamo come. Come abbiamo detto, l’acido lattico si accumula nei muscoli quando il lavoro svolto richiede tanto ossigeno o, meglio, certamente troppo per quello che si riesce a inalare con la respirazione. Una buona capacità polmonare, quindi, è indispensabile per riuscire a introdurre la più alta quantità di ossigeno - che si misura in litri - all’interno dell’organismo. Ma non solo. Al tempo stesso, infatti, l’ossigeno introdotto deve necessariamente essere trasportato dai polmoni, attraverso il veicolo per eccellenza che è il sangue, ai muscoli. Per fare ciò, il sangue deve essere ricco di ferro, che funziona un po’ come il mezzo necessario per la veicolazione dell’ossigeno. Chi ha carenze di ferro, dunque, non riesce a trasportare la giusta quantità di ossigeno ai muscoli, seppure in grado di inalarne il massimo possibile. La cosa è avvalorata, come abbiamo detto spesso anche in altre parti della rivista, dall’importanza che risiede nei valori ematici relativi al ferro. E un’ulteriore conferma del grande uso che si fa del ferro, poi, la troviamo nel fatto che i corridori, ma anche altri atleti di sport aerobici come il ciclismo, vale a dire la maratona e lo sci di fondo, solo per citarne alcuni, vanno spesso incontro a carenze specifiche di questo componente, che va, pertanto, ricercato nell’alimentazione. Dunque, buona capacità polmonare e ferro in abbondanza nell’organismo sono componenti essenziali relativamente all’argomento di cui stiamo parlando.
Nuove teorieEsiste, tuttavia, una teoria relativamente recente in merito alla capacità polmonare e che accettiamo, almeno in parte, soprattutto per non scoraggiare chi, malgrado gli sforzi, non riesce a migliorare di molto il proprio valore di soglia anaerobica. Tale teoria dice che gli atleti che non riescono a sviluppare una grande capacità
polmonare, con l’esercizio e con l’uso del diaframma, possono riuscire ad avere comunque delle ottime prestazioni in quanto l’organismo, riconoscendo questo stato e riconoscendo il fatto che durante l’esercizio c’è comunque una richiesta maggiore di ossigeno, sviluppa delle capacità superiori di utilizzo. In altre parole, l’organismo di un corridore è in grado di utilizzare al massimo e meglio il “poco” ossigeno introdotto rispetto all’organismo di un altro corridore che ha, invece, capacità “meccaniche” e teoriche più elevate.
Fuorisoglia vincenteRiuscire a lavorare in fuorisoglia rende vincenti in corsa, soprattutto se si ha la certezza delle proprie possibilità e la forza psicologica di fare la corsa in modo da costringere gli avversari a uscire allo scoperto o, più specificamente, a pedalare fuorisoglia. La situazione più caratteristica è quella che vede un ciclista scattare in salita e gli avversari dover necessariamente rispondere per non rimanere indietro. A tale scatto segue quello che viene chiamato “forcing”, cioè si continua a pedalare forte o, ancora meglio, a scatti per mantenere gli avversari a un livello di fatica elevato fino a che la loro capacità non si esaurisce. Vale la pena ricordare, come consiglio di tattica, che un ciclista che abbia accumulato tanto acido lattico nelle gambe ha necessariamente bisogno di un tempo di recupero lungo, o molto lungo, per smaltirlo, almeno in parte, fino a poter riprendere a pedalare nuovamente con vigore. In altre parole, se lasciate un ciclista in preda all’acidosi sulle rampe di una salita e riuscite a fare il buco, voi sarete già in discesa, mentre lui, preso da questa crisi, dovrà ancora affrontare la salita a velocità ridottissima e la successiva discesa senza spingere al massimo, almeno per riuscire a smaltire ciò che ha accumulato nella salita precedente. Alla fine, questo significa avere la vittoria quasi in tasca. Però... c’è un però. Si è davvero in grado di farlo? La risposta, anche in questo caso, è tanto semplice quanto brutale: sì, se ci si è allenati bene, se si è in grado di sopportare il dolore e se Madre Natura ci ha dotati di tali capacità. Altrimenti ci si mette in crisi da soli...
Nuove teorieEsiste, tuttavia, una teoria relativamente recente in merito alla capacità polmonare e che accettiamo, almeno in parte, soprattutto per non scoraggiare chi, malgrado gli sforzi, non riesce a migliorare di molto il proprio valore di soglia anaerobica. Tale teoria dice che gli atleti che non riescono a sviluppare una grande capacità
polmonare, con l’esercizio e con l’uso del diaframma, possono riuscire ad avere comunque delle ottime prestazioni in quanto l’organismo, riconoscendo questo stato e riconoscendo il fatto che durante l’esercizio c’è comunque una richiesta maggiore di ossigeno, sviluppa delle capacità superiori di utilizzo. In altre parole, l’organismo di un corridore è in grado di utilizzare al massimo e meglio il “poco” ossigeno introdotto rispetto all’organismo di un altro corridore che ha, invece, capacità “meccaniche” e teoriche più elevate.
Fuorisoglia vincenteRiuscire a lavorare in fuorisoglia rende vincenti in corsa, soprattutto se si ha la certezza delle proprie possibilità e la forza psicologica di fare la corsa in modo da costringere gli avversari a uscire allo scoperto o, più specificamente, a pedalare fuorisoglia. La situazione più caratteristica è quella che vede un ciclista scattare in salita e gli avversari dover necessariamente rispondere per non rimanere indietro. A tale scatto segue quello che viene chiamato “forcing”, cioè si continua a pedalare forte o, ancora meglio, a scatti per mantenere gli avversari a un livello di fatica elevato fino a che la loro capacità non si esaurisce. Vale la pena ricordare, come consiglio di tattica, che un ciclista che abbia accumulato tanto acido lattico nelle gambe ha necessariamente bisogno di un tempo di recupero lungo, o molto lungo, per smaltirlo, almeno in parte, fino a poter riprendere a pedalare nuovamente con vigore. In altre parole, se lasciate un ciclista in preda all’acidosi sulle rampe di una salita e riuscite a fare il buco, voi sarete già in discesa, mentre lui, preso da questa crisi, dovrà ancora affrontare la salita a velocità ridottissima e la successiva discesa senza spingere al massimo, almeno per riuscire a smaltire ciò che ha accumulato nella salita precedente. Alla fine, questo significa avere la vittoria quasi in tasca. Però... c’è un però. Si è davvero in grado di farlo? La risposta, anche in questo caso, è tanto semplice quanto brutale: sì, se ci si è allenati bene, se si è in grado di sopportare il dolore e se Madre Natura ci ha dotati di tali capacità. Altrimenti ci si mette in crisi da soli...
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