Il corridore che più mi è piaciuto, fra gli italiani dell'era Merckx, dopo la fine della carriera di Adorni. Bitossi era un virtuoso che cercava di vincere, tanto veloce, quanto capace di tenere in salita e poi era onesto in tutto. Avesse avuto le capacità fisiche di Gimondi, avrebbe battuto il belga in maniera assai più tangibile, rispetto al bergamasco. Professionista dal settembre del 1961 al 1978 nel palmares del corridore fiorentino ci sono 147 vittorie. Molte delle quali bellissime e colte col fare del campione di razza. Purtroppo, manca solo la perla dell'iride, ma ci andò davvero vicino nel 1972. Uscito nel finale, la sua azione da finisseur parve dargli quella soddisfazione che meritava, ma poi, sul traguardo in leggera salita, il tentativo di rinvenire su di lui per vincere dell'amico Eddy (certo perché i due lo erano veramente), fu sufficiente per lanciare i, per Merckx, odiati succhiaruote, Cyrille Guimard e Marino Basso. Il primo giunse terzo, per una gomma dietro
Bitossi, ed il secondo andò a conquistare l'iride. Quel successo sfumato rappresenta, purtroppo, un'immagine distorta di un Campione che, anche senza l'arcobaleno, è stato tale. I primi anni della carriera di Franco furono stentati, soprattutto per un disturbo (in gran parte psicologico) che gli diede il perenne appellativo di "cuore matto", ovvero un'ipertrofia cardiaca che lo costringeva, durante la gara, a fermarsi e a ripartire quando il battito s'era un po' calmato. Fu poi il dottor Falai a risolverglielo, con un intervento più psicologico che medico. Le caratteristiche di completezza che consentivano a Bitossi di correre anche di rimessa, si esaltarono a metà degli anni sessanta e furono capaci di superare, sovente, anche le stagioni non più verdi. Franco infatti, è stato uno dei corridori più longevi in assoluto. Alcune sue giornate di vena rimarranno memorabili, come quella che lo portò alla prima vittoria nei suoi due "Lombardia", colta dopo una lunghissima fuga solitaria. Dotato di un guizzo al fulmicotone, nel suo palmares anche la maglia verde al Tour '68 (chiuso 7°), due Campionati di Zurigo, il Giro di Svizzera, la Tirreno Adriatico, tre campionati italiani su strada oltre a decine di classiche nazionali, tappe dei grandi giri. Un grande corridore, che oggi sarebbe un super. Non era un uomo da corse a tappe ma vanno comunque ricordati gli ottimi piazzamenti al Giro d'Italia (un 7°, un 8° e un 10° posto) e la vittoria nel Giro della Svizzera del 1965 e nella Tirreno-Adriatico del 1970. Quindi numerosi successi ma paradossalmente viene ricordato, suo malgrado, forse più per una sconfitta anche se ormai celeberrima: il mondiale di Gap nel 1972 quando, avvantaggiatosi negli ultimi km ed affrontato al comando il rettilineo finale in leggera salita, venne superato a non più di dieci metri dal traguardo dal compagno Marino Basso il quale lo privò di una maglia iridata che avrebbe degnamente celebrato una comunque splendida carriera. E' stato protagonista anche in altre edizione del mondiale (corso otto volte tra il 1966 e 1977) arrivando quarto nel 1968 ad Imola e terzo nel 1977 a San Cristobal in Venezuela.
Bitossi, ed il secondo andò a conquistare l'iride. Quel successo sfumato rappresenta, purtroppo, un'immagine distorta di un Campione che, anche senza l'arcobaleno, è stato tale. I primi anni della carriera di Franco furono stentati, soprattutto per un disturbo (in gran parte psicologico) che gli diede il perenne appellativo di "cuore matto", ovvero un'ipertrofia cardiaca che lo costringeva, durante la gara, a fermarsi e a ripartire quando il battito s'era un po' calmato. Fu poi il dottor Falai a risolverglielo, con un intervento più psicologico che medico. Le caratteristiche di completezza che consentivano a Bitossi di correre anche di rimessa, si esaltarono a metà degli anni sessanta e furono capaci di superare, sovente, anche le stagioni non più verdi. Franco infatti, è stato uno dei corridori più longevi in assoluto. Alcune sue giornate di vena rimarranno memorabili, come quella che lo portò alla prima vittoria nei suoi due "Lombardia", colta dopo una lunghissima fuga solitaria. Dotato di un guizzo al fulmicotone, nel suo palmares anche la maglia verde al Tour '68 (chiuso 7°), due Campionati di Zurigo, il Giro di Svizzera, la Tirreno Adriatico, tre campionati italiani su strada oltre a decine di classiche nazionali, tappe dei grandi giri. Un grande corridore, che oggi sarebbe un super. Non era un uomo da corse a tappe ma vanno comunque ricordati gli ottimi piazzamenti al Giro d'Italia (un 7°, un 8° e un 10° posto) e la vittoria nel Giro della Svizzera del 1965 e nella Tirreno-Adriatico del 1970. Quindi numerosi successi ma paradossalmente viene ricordato, suo malgrado, forse più per una sconfitta anche se ormai celeberrima: il mondiale di Gap nel 1972 quando, avvantaggiatosi negli ultimi km ed affrontato al comando il rettilineo finale in leggera salita, venne superato a non più di dieci metri dal traguardo dal compagno Marino Basso il quale lo privò di una maglia iridata che avrebbe degnamente celebrato una comunque splendida carriera. E' stato protagonista anche in altre edizione del mondiale (corso otto volte tra il 1966 e 1977) arrivando quarto nel 1968 ad Imola e terzo nel 1977 a San Cristobal in Venezuela.
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