Allenare il fuorisogliaPer sua natura, la capacità di lavorare fuorisoglia è la più difficile, oltre che la più faticosa, da allenare. Ma, come abbiamo detto, è anche quella che fa la differenza tra un corridore graffiante e uno semplicemente ben allenato. Dunque, se si hanno delle ambizioni un po’ fuori dalla media, in altre parole se si vuole vincere le corse, questa capacità si deve allenare. Vediamo, quindi, come fare per imparare a lavorare per questo scopo e come sfruttare bene in corsa il lavoro effettuato. La cosa più importante da capire è, paradossalmente, il recupero. Allenare la resistenza a pedalare in fuorisoglia e, allo stesso tempo abituare l’organismo a lavorare in acidosi e a smaltire in fretta, almeno in parte, l’acido lattico accumulato, è un tipo di allenamento che prevede di lavorare ad alte intensità ed è, dunque, affaticante. Ma, al tempo stesso, è necessario. Si deve evitare, soprattutto durante la settimana, di accumulare tanto acido lattico da non essere, poi, in grado di smaltirlo per la corsa della domenica. Dunque, bisogna essere attenti alle proprie condizioni e sensazioni, trovando sempre l’equilibrio giusto tra stimolo allenante, che deve essere ricercato, e recupero, che deve assolutamente essere svolto. Come fare, dunque? Una risposta precisa e univoca non c’è. Ma qualche indicazione si può dare. Primo: questo allenamento va svolto almeno due volte a settimana, meglio tre, diciamo gli stessi giorni in cui si fanno gli allenamenti più pesanti, come, ad esempio, il martedì e il giovedì. Secondo: va svolto per un tempo limitato. Non si deve, cioè, arrivare a sfinimento. Cosa, del resto ,concessa e giusta solo in corsa o, meglio, in alcune particolari corse, vale a dire in quelle in cui si punta oppure in quelle che vengono usate per trovare la condizione e abituarsi ai ritmi di corsa. Chi corre, ma lo fa sempre nelle retrovie, non stimolerà mai a sufficienza le proprie qualità per poter aspirare, un giorno, a fare la parte del protagonista. Dunque, in corsa, anche se non si è al top, ogni tanto vale la pena mettere il muso davanti per prendere un po’ di vento, oppure chiudere qualche buco in prima persona, magari per aiutare un compagno di squadra che, al momento, è più in forma, che punta a fare una bella corsa o che ha la necessità di risparmiare le energie per i momenti salienti della competizione. Qualche scatto, poi, non è affatto superfluo.
ProgressioniIl fuorisoglia si allena con progressioni che portano da frequenze basse, con tempi scaglionati, fino a valori fuorisoglia. Quindi, si parte, in pianura come in salita, con un esercizio che, senza scattare, prevede il percorrere un tratto lungo di strada a intensità crescente (occhio, quindi, al cardiofrequenzimetro), aumentando di cinque battiti per volta, a intervalli regolari, la propria frequenza cardiaca. Potrebbero essere tratti di tre minuti, partendo da 145 (ipotizzando una soglia di 165 bpm) fino ad arrivare a tre minuti in fuorisoglia (dunque, 170 bpm). La volta successiva, fino a sei minuti per l’ultimo tratto a 170. E questo per due settimane.
I controlli periodiciDopo il primo periodo di allenamento, ci si riposa per un microciclo (tre giorni) e, quindi, si effettua un test di Conconi in laboratorio per vedere se si sta lavorando nella direzione giusta, cioè se la soglia si sta alzando. Quindi, se tutto procede bene, la volta successiva si aumenta di cinque battiti, tentando di spostare la soglia più in alto. Unitamente a ciò, vale a dire nel corso della stessa uscita, si fa poi un altro tipo di esercizio. Si scatta violentemente da una velocità e battito cardiaco medio (con lo stesso riferimento di prima, i soliti 145 bpm) fino ad arrivare in fuorisoglia, ma non all’esaurimento completo del-l’energia. Poi si aspetta che la frequenza ritorni ai valori di prima e, quindi, si riparte (in genere ogni tre minuti) con serie da tre o da cinque. Ulteriore variazione sul tema è quella di effettuare scatti con recupero incompleto, vale a dire che tra uno e l’altro, così come detto, non si aspetta di tornare ai valori di battito iniziali, ma non si scende oltre le 155 pulsazioni. È, come detto, un allenamento duro e difficile, ma, se fatto coscienziosamente, cioè se si fatica il giusto e non ci si affatica oltre la possibilità di recuperare, come abbiamo avvertito, é di sicuro effetto.
ProgressioniIl fuorisoglia si allena con progressioni che portano da frequenze basse, con tempi scaglionati, fino a valori fuorisoglia. Quindi, si parte, in pianura come in salita, con un esercizio che, senza scattare, prevede il percorrere un tratto lungo di strada a intensità crescente (occhio, quindi, al cardiofrequenzimetro), aumentando di cinque battiti per volta, a intervalli regolari, la propria frequenza cardiaca. Potrebbero essere tratti di tre minuti, partendo da 145 (ipotizzando una soglia di 165 bpm) fino ad arrivare a tre minuti in fuorisoglia (dunque, 170 bpm). La volta successiva, fino a sei minuti per l’ultimo tratto a 170. E questo per due settimane.
I controlli periodiciDopo il primo periodo di allenamento, ci si riposa per un microciclo (tre giorni) e, quindi, si effettua un test di Conconi in laboratorio per vedere se si sta lavorando nella direzione giusta, cioè se la soglia si sta alzando. Quindi, se tutto procede bene, la volta successiva si aumenta di cinque battiti, tentando di spostare la soglia più in alto. Unitamente a ciò, vale a dire nel corso della stessa uscita, si fa poi un altro tipo di esercizio. Si scatta violentemente da una velocità e battito cardiaco medio (con lo stesso riferimento di prima, i soliti 145 bpm) fino ad arrivare in fuorisoglia, ma non all’esaurimento completo del-l’energia. Poi si aspetta che la frequenza ritorni ai valori di prima e, quindi, si riparte (in genere ogni tre minuti) con serie da tre o da cinque. Ulteriore variazione sul tema è quella di effettuare scatti con recupero incompleto, vale a dire che tra uno e l’altro, così come detto, non si aspetta di tornare ai valori di battito iniziali, ma non si scende oltre le 155 pulsazioni. È, come detto, un allenamento duro e difficile, ma, se fatto coscienziosamente, cioè se si fatica il giusto e non ci si affatica oltre la possibilità di recuperare, come abbiamo avvertito, é di sicuro effetto.
Con la quinta parte si conclude la serie di articoli riguardanti il fuori soglia. La fonte degli stessi è un articolodi Valerio Lo Monaco pubblicato nel 2002 su La Bicicletta
BigPanther
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