Binda, l'unico corridore al mondo pagato per non partecipare al giro d'Italia
Crebbe a Nizza, dove iniziò l'attività professionistica nel 1922; rimase in Francia fino al 1924, data alla quale aveva già vinto 30 corse. Vinse cinque edizioni del Giro d'Italia (1925, 1927, 1928, 1929 e 1933), record assoluto condiviso con Fausto Coppi ed Eddy Merckx; nell'arco della carriera conquistò complessivamente 41 tappe al Giro, record mantenuto fino al 2004, quando fu superato da Mario Cipollini.[2] In tutto rimase in testa alla classifica generale per 60 tappe. Nel 1927 vinse 12 delle 15 tappe del Giro,[1] e nel 1929 ben otto tappe consecutive: entrambi record imbattuti. A causa della sua manifesta superiorità, nel 1930 fu pagato dagli organizzatori per non partecipare al Giro, ottenendo 22 500 lire, una cifra corrispondente al premio per la vittoria finale e ad alcune vittorie di tappa.[1] Nel 1933 fu il vincitore della prima cronometro della storia del Giro: 62 km da Bologna a Ferrara. Non ottenne invece mai risultati di rilievo al Tour de France, al quale
partecipò di rado anche negli anni del suo dominio in campo internazionale. Affrontò il Tour nel 1930 (anno della sua forzata rinuncia al Giro), vincendo due tappe consecutive, a Pau e a Luchon, avviandosi a dominare la corsa insieme al suo compagno di squadra Learco Guerra; tuttavia, dei dissidi con la federazione italiana, che ancora non gli aveva versato l'indennizzo promesso per non aver partecipato al Giro, lo spinsero ad abbandonare. Nel suo ricco palmarès figurano anche tre campionati del mondo (record), due Milano-Sanremo, quattro Giri di Lombardia[1] e quattro campionati italiani. Lasciò l'attività nel 1936, dopo un incidente che gli provocò la frattura del femore. Diventò commissario tecnico della Nazionale italiana, ruolo che ricoprì per ben dodici anni, in cui accumulò fama e successi degni della sua carriera da corridore: guidò infatti le trionfali spedizioni alla Grande Boucle con Bartali nel 1948, Coppi nel 1949 e 1952, e Nencini nel 1960. La sua riconosciuta abilità tecnica e diplomatica[1] fu alla base dell'accordo fra Bartali e Coppi e del massimo rendimento della squadra.
partecipò di rado anche negli anni del suo dominio in campo internazionale. Affrontò il Tour nel 1930 (anno della sua forzata rinuncia al Giro), vincendo due tappe consecutive, a Pau e a Luchon, avviandosi a dominare la corsa insieme al suo compagno di squadra Learco Guerra; tuttavia, dei dissidi con la federazione italiana, che ancora non gli aveva versato l'indennizzo promesso per non aver partecipato al Giro, lo spinsero ad abbandonare. Nel suo ricco palmarès figurano anche tre campionati del mondo (record), due Milano-Sanremo, quattro Giri di Lombardia[1] e quattro campionati italiani. Lasciò l'attività nel 1936, dopo un incidente che gli provocò la frattura del femore. Diventò commissario tecnico della Nazionale italiana, ruolo che ricoprì per ben dodici anni, in cui accumulò fama e successi degni della sua carriera da corridore: guidò infatti le trionfali spedizioni alla Grande Boucle con Bartali nel 1948, Coppi nel 1949 e 1952, e Nencini nel 1960. La sua riconosciuta abilità tecnica e diplomatica[1] fu alla base dell'accordo fra Bartali e Coppi e del massimo rendimento della squadra.
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