Sergio Gimmelli / 22 dicembre 2013 /
IL SUICIDIO DEL CICLISMO AMATORIALE ITALIANO
Il ciclismo amatoriale italiano si sta suicidando. E nessuno sembra intenzionato a impedire questo clamoroso
e tragico gesto, pure preannunciato da decine di indizi.
I fatti da soli non rendono completamente l’idea della gravità della situazione. Ma aiutano. Ieri da Massa è
partita l’«Operazione Amateur». Arresti, obblighi di firma, denunce a piede libero. Ma soprattutto uno
spaccato sociologico che gli stessi investigatori hanno definito raccapricciante. Madri e fidanzate di “corridori”
che si fingono gravemente malate per ottenere prodotti in ospedale, prodotti che poi vengono confezionati in
confezioni anonime e spediti ad amatori compiacenti mascherati da kit per massaggi. Parliamo di Epo,
Epo Z, Cera. Roba che nessun professionista userebbe, maneggiata invece in larghe quantità da
quaranta/cinquantenni malati pazzi di agonismo.
I protagonisti sono sempre loro: un manipolo di ex pro bolliti, a caccia di rivalse e piccoli ingaggi.
Consumano e spacciano. Ma sono i consumatori abituali che inquietano. In dodici mesi, dieci casi di positività
pesante in Italia: architetti, liberi professionisti, impiegati pubblici, commessi viaggiatori. Gente che a
qaurant’anni arriva a pensare di mollare il lavoro per fare il ciclista. Un elenco infinito che si allargherebbe
ulteriormente se solo aumentassero i controlli o le indagini giudiziarie.
Questo mondo depravato si autoalimenta ed è favorito da un ambiente immobile anzi complice. Parliamo del
mondo amatoriale, abbandonato a se stesso, senza regole e senza morale.